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Diventare datori di lavoro

Vorrei parlare della mia esperienza di figlia di una mamma anziana da qualche anno non più autosufficiente. Sono circa tre anni che mia madre ha in casa una badante. Non è stata sempre la stessa, anzi, se devo dirla tutta, Sonia è qui solo da 10 mesi. E le cose finalmente vanno bene.

E’ stato difficile rivedere il mio ruolo di figlia alla luce di questo rapporto di dipendenza che l’ictus ha creato. Ma qui vorrei – in modo particolare – parlare di un aspetto che ritengo un po’ sottovalutato da tutti, me compresa: trovarsi a diventare datori di lavoro.

Non è stato facile, anzi non è facile neppure oggi per me vivermi in questa dimensione di datore di lavoro, io che per una vita sono stata dipendente da qualcuno!

In questi tre anni ho vissuto diversi momenti di difficoltà e oggi sto cercando di capire perché. Mi piace poter condividere con altri – che stanno facendo la mia stessa esperienza – alcune riflessioni che ritengo importanti e che forse, col senno di poi, dico che dovrebbero essere aspetti maggiormente “curati” dai servizi informando e anche aiutando noi familiari a “formarci”.

Il primo elemento di difficoltà non è stato tanto quello di imparare a gestire la complessità delle procedure burocratiche per l’assunzione e/o la busta paga, il calcolo dei contributi INPS, visite mediche lavoro ecc. No, su questi aspetti ho trovato diversi servizi pubblici e privati che danno un grosso aiuto o addirittura lo fanno al posto tuo se non te ne senti capace!

Il problema è stato entrare nella mentalità di dovermi occupare di ciò, e soprattutto nel trovare il modo per gestire il rapporto con una persona che è accanto a mia madre come lavoratrice ma a cui io chiedo anche di stabilire un legame affettivo perché mi possa fidare di lei mettendo, letteralmente, nelle sue mani la mia mamma!

Un secondo aspetto che mi ha messo in crisi è stato come gestire il fatto che non solo mia madre ma anche io mi sono affezionata e mi sono coinvolta nel rapporto. Per esempio con Mercedes, l’ultima badante prima di Sonia, si era creato un rapporto speciale: lei mi ha coinvolto nella sua storia personale di mamma che ha dovuto lasciare una bimba piccola in Ecuador, di donna che manteneva non solo la sua famiglia ma buona parte del clan familiare. Io l’ho aiutata tanto, e anche lei ha aiutato me. Ma forse, senza rendermene del tutto conto, credo di essermi aspettata che lei diventasse una di famiglia. Ho vissuto un grande dolore quando ha deciso di andare via per un lavoro meglio pagato, mi sono sentita tradita!

Credevo, inoltre, di aver fatto la fatica più grande nel periodo precedente l’arrivo della badante quando ho dovuto lavorare ai fianchi mia madre perché accettasse un’estranea in casa, o all’inizio della convivenza quando correvo come una matta a tentare di mediare i momenti di crisi. In realtà non è così: certo, far accettare la badante ad alcuni anziani è veramente faticoso e snervante, ma c’è un altro lavoro da fare, che noi familiari non abbiamo così chiaro quando prendiamo la decisione di ricorrere a questo tipo di aiuto. Presa come ero dall’urgenza di un aiuto, dal dover gestire mia madre ma anche la mia famiglia, non mi sono resa conto che Mercedes, Sonia o le altre non sono solo un sollievo, un grosso aiuto, la risposta ad un mio bisogno ma sono persone che, entrando nelle nostre vite, modificano i rapporti tra mia madre e me.

Forse solo oggi riesco a vedere, con un po’ di lucidità, che non era solo mia madre a dover accettare la badante ma anche io! Talvolta sono gelosa del legame che vedo stabilirsi tra loro due, dell’intesa che hanno, ma ho anche notato che mia madre ha paura, si sente esclusa quando mi sorprende a parlare con Sonia per organizzarci e, perché no, anche per scambiare due chiacchiere e una risata!

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